L’olio di palma è un olio prodotto nelle regioni tropicali, estratto dalla drupe (frutto simile alle olive), utilizzato nell’industria alimentare come grasso compatto e solido. Da qualche anno è oggetto di campagne pubblicitarie negative che gli attribuiscono effetti nocivi sulla salute umana e per questo le grosse aziende si sono affrettate a sostituirlo nei loro prodotti, apponendo sulle confezioni la scritta “senza olio di palma”.
Altre multinazionali, come il produttore di una famosa crema spalmabile, hanno mantenuto la stessa composizione, dichiarandolo apertamente.
Abbiamo, quindi, cercato di chiarirci le idee e di aiutare a fare una scelta consapevole al di là degli allarmismi o della pubblicità ingannevole.
Quest’olio fa parte del gruppo dei grassi saturi, a cui appartengono anche il più comune burro e la margarina, che vengono utilizzati dalle industrie per le preparazioni da forno (biscotti, prodotti dolciari, creme spalmabili), nei surgelati, sughi pronto, patatine fritte e gelati.
L’industria alimentare aveva scelto l’olio di palma come sostituto del burro perché meno costoso, insapore e con maggiore conservabilità e come sostituto delle margarine vegetali che, allo stesso modo, in passato erano state additate come dannose per l’organismo umano.
In realtà, dopo studi effettuati sull’olio di palma non sono stati dimostrati effetti dannosi specifici, ma la questione riguarda tutti i grassi saturi che aumentano il colesterolo e aumentano l’incidenza di obesità, ipertensione e diabete. Dunque la differenza non sta nel tipo di grasso, ma nella quantità di grassi saturi che assumiamo quotidianamente con la dieta, che nello specifico non deve superare il 10% delle calorie giornaliere e che comprende tutti i grassi, non solo l’olio di palma.
Il problema è che nei prodotti industriali alimentari l’olio di palma non è stato sostituito da grassi “buoni”, ma spesso dall’olio di soia che ha ugualmente degli effetti negativi sulla salute. Quest’olio è stato sostenuto, prodotto e venduto da industrie americane che avevano tutto l’interesse a spingere sul mercato il loro olio. Anche la campagna pubblicitaria contro l’olio di palma è partita da un’associazione che riceveva, come spesso capita negli Stati Uniti, fondi dai produttori di olio di soia.
Questo derivato della soia non è esente da controindicazioni e effetti collaterali. In primo luogo viene estratto dalla soia non con la spremitura a freddo, che è più faticosa e meno produttiva, ma con processi chimici che trasformano l’olio in grasso “trans” ancora più dannoso per lo sviluppo di patologie coronariche e malattie del cuore. Difatti la FDA americana ha vietato dopo alcuni anni l’utilizzo dell’olio di soia, mentre in Europa la legislazione non è ancora chiara.
Inoltre spesso nella composizione delle preparazioni industriali gli oli sono raggruppati sotto la dizione “oli vegetali” che non permette al consumatore di sapere bene che cosa sta mangiando.
Gli oli migliori e più salutari sono rappresentati dall’olio di oliva e dagli altri oli di semi, per i prodotti da forno il prodotto migliore è il burro, tutti prodotti nel nostro paese e con un maggior rispetto dell’ambiente. Difatti nei paesi produttori di oli tropicali la questione ambientale si aggiunge all’aspetto salutistico. La deforestazione perpetrata per impiantare palmeti ha scatenato le ire degli ambientalisti e degli animalisti, aggiungendo ulteriori spunti di riflessione sull’uso di questi prodotti.
Il consiglio resta quello di ridurre al minimo il consumo di grassi, ma in particolar modo quelli contenuti nelle preparazioni industriali, di mangiare cibi più semplici cucinati a domicilio, nei quali almeno in parte è possibile controllare gli ingredienti.
Il nostro nemico non è, quindi, l’olio di palma ma l’eccesso di grassi saturi nella nostra dieta.
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